Massimo Bossetti è inocente!

Massimo Bossetti è stato condannato all’ergastolo in terzo grado ed è presumibilmente destinato a sparire per un certo tempo non solo dalla circolazione, ma anche dai mass media.
La Lega Nord ha sperato per anni di poter dare la colpa a qualche marocchino, ma non c’è stato verso.
Peccato: dapprincipio la cosa pareva anche fattibile e a rimetterci sarebbe stato un signor nessuno contro cui era tutto lecito.
Nessuno si è azzardato a invocare la castrazione di questo stupratore e assassino, ma deve senza dubbio trattarsi di una deplorevole dimenticanza.
La cosa interessante è che la vicenda ha messo in luce aspetti raggelanti e repellenti dell’operosa bergamasca, fra passatempi discutibili, storie di corna e altra robaccia provinciale che sarebbe bene se ne stasse bella tranquilla sotto il tappeto.
Invece no.
Non ci sono solo i rumeni stupratori e i senegalesi maneschi; ci sono anche i gioppini con la passione per le adolescenti cui un brutto giorno va tutto storto.

Toccherà prenderne atto.

Stiamo sempre a fianco delle nostre Forze dell’Ordine!

Stiamo sempre e comunque con la polizia e i carabinieri.
Sperando che a qualcuno non prendano i cinque minuti che poi va a finire come con Stefano Cucchi, un colosso di un metro e sessantadue per quarantacinque chili coratella compresa.
Meglio non correre rischi: stiamo quasi sempre a fianco delle nostre forze dell’ordine.
Per correrne ancora meno, stiamo spesso a fianco delle nostre forze dell’ordine.
Per non correrne nessuno, stiamo ben alla larga dalle nostre forze dell’ordine.

Orrore a Taranto: getta la figlia dalla finestra e accoltella il figlio!

Il 7 ottobre 2018 un tale di Taranto ha gettato da un balcone al terzo piano la propria figlioletta e ha accoltellato il figlio più grande.
Pare che abbiano persino cercato di linciarlo.
Dal Ministro dell’Interno, che almeno sui social media è uno che si impiccia di ogni questione (specie se non lo riguarda) non è venuto neanche un bah.
Il fatto è che l’arrestato sarebbe un padre separato.
Non è dato sapere se dormisse in macchina oppure no, ma sempre di padre separato si tratta. Vale a dire dell’esponente di una categoria negli ultimi anni molto presente nel ciarliero e inutile mondo del web, e che è bene non contrariare, visto il clima da campagna elettorale permanente.
Fino a sei mesi fa, la Lega non avrebbe certo usato simili riguardi.
Avrebbe additato ad alta voce al disprezzo dei suoi l’ennesimo caso di terrone animale che non si lavava, il solito irresponsabile che al primo rovescio della sorte cerca di togliersi d’impaccio spaccando tutto.
Uno di quelli cui sarebbe stato meglio avesse pensato il Vesuvio!

Pisa in prima fila nella lotta contro il degrado

Una di Cascina che si fa chiamare Susanna Ceccardi dice di aver tirato la volata al partito responsabile della pensata qui sopra: a Pisa hanno vietato tutto.
Le amministrazioni sono sempre lì che frignano perché non ci sono abbastanza uomini armati per le strade ma le cose più gravi di cui devono in concreto occuparsi sono gli studenti che si divertono a bere e a mangiare. Se fai quello che la goliardia pisana ha fatto per decenni arrivano quelli della polizia locale, ti tolgono il panino e la birretta e ti tolgono di tasca anche cento euro.
Non che siano i primi a pensarci.
Ci aveva pensato il vecchio PCI di cui la Ceccardi dice di aver copiato i metodi.
Nel 1977 il sindaco di Bologna Renato Zangheri e la questura proibirono di sedersi sui gradini di San Petronio, per motivi d’ordine pubblico. Era così, in quegli anni. A qualcuno della nomenklatura veniva in mente una stronzata da due lire, e subito le veniva conferita l’aureola di Editto Per Il Buongoverno.
Non che abbiano smesso, appunto. Nell’occasione però, qualche bolognese non incazzato, non precario, non studente, non autonomo, non giovane cominciò a sospettare che forse Zangheri cominciava ad entrare nel buio di una astiosa senilità kremlinica, ed il divieto anti studente durò lo spazio di un mattino.
Altri e ben più reattivi tempi rispetto al marciume di oggi, in cui tutti si fanno andare bene sempre tutto e se insisti c’è qualcuno pronto a denunciarti a mezzo internet in nome del bene comune.
Ah, ovvio che i cento euro in nome del bene comune ce li metti tu, non certo il povero stronzo fancazzista che ha preso il telefonino e ti ha messo nella merda pigiando due bottoncini.
Ma era davvero divertente perché le cose funzionavano più o meno come oggi. Nel caso bolognese, se da compagno voglioso di partecipare indirizzavi all’Unità le tue rimostranze di cittadino perplesso non succedeva un bel nulla. Se invece come maresciallo in pensione le esternavi al Resto del Carlino apriti cielo, da Palazzo d’Accursio intervenivano in sei secondi proibendo questo, codesto e quello con assoluto sprezzo del ridicolo.
Ah, l’ansioso PCI.
Non è stata sofferta la strada per arrivare a Matteo Renzi.
Solo lunga.

Col reddito di cittadinanza basta padri separati italiani che dormono in macchina!

All’inizio di ottobre 2018 il governo affronta la questione del “reddito di cittadinanza”, un’idea cui il Movimento 5 Stelle deve una parte molto consistente della propria fortuna elettorale.
Sparite le necessità elettorali, pare che questa misura prenderà grosso modo la forma di una tessera annonaria o dei food stamp americani che negli USA spettano al 20% della popolazione.
Di Maio ha fatto sapere che i fondi della tessera non saranno utilizzabili per l’acquisto di generi immorali e che dunque non saranno utilizzabili per l’acquisto di Tavernello, Gaiosello e altre immoralità dello stesso genere.
L’inverno si avvicina, e i padri separati italiani che dormono in macchina dovranno quindi trovare un altro modo per scaldarsi.
Tra l’altro esiste anche un altro problema: i fondi del reddito di cittadinanza potranno essere accumulati così da consentire l’acquisto di una macchina per dormirci dentro anche ai padri separati che ne fossero sprovvisti? Perché uno dei problemi che ha infuocato la campagna elettorale era proprio questo: ci sono padri separati italiani che dormono in macchina, e noi paghiamo le schede telefoniche agli immigrati.
Nonostante la buona volontà del governo, rischia di crearsi una situazione in cui col reddito di cittadinanza i padri separati italiani continueranno a dormire in macchina (sempre che ce l’abbiano) e gli immigrati a comprare tutte le schede telefoniche che vogliono perpetuando un’ingiustizia bella e buona.
Una soluzione potrebbe essere quella di considerare immorali le schede telefoniche.
Inutile pensare che in Italia qualcuno consideri immorale dormire in macchina: arrivare a concepire qualcosa del genere è da persone serie e l’elettorato italiano ha dato amplissima e pluridecennale prova di non avere nulla a che fare con la serietà.

Più sicure con lo spray al peperoncino

A settembre 2018 la Lega diffonde e promuove gli spray al peperoncino, panacea contro stupri e violenze carnali (a sentir loro) ma più che altro efficace per aumentare il fatturato delle armerie. Alcuni fra i modelli più diffusi, come quello al centro nella foto, hanno quel colore rosa shocking o fucsia che contraddistingue spesso i prodotti per l’igiene femminile. La legge dei grandi numeri sentenzia che è solo questione di tempo prima che qualcuna faccia confusione.
Più che per gli scopi per cui viene propagandato, stando a quanto si legge in giro lo spray è ottimo per ripianare le divergenze di coppia (e incidentalmente provocare il panico in un centro commerciale), per alleggerire gli spettatori di un concerto di collanine e orpelli vari e per ripulire abitazioni private dalle suppellettili preziose in eccesso. Il tutto limitandosi alla cronaca degli ultimi venti, trenta giorni. Tempo fa a Torino invece lo spruzzino piccante è servito per l’evacuazione di un condominio intero con annesso arrivo dei pompieri, per il sicuro divertimento di tutti i bambini. Sempre a Torino il 3 giugno 2017 uno di questi arnesi, sempre usato per ripulire le tasche del prossimo, ha seminato il panico in una piazza piena di gente. Nella fuga ci furono un morto e più di mille feriti.
La Lega riunisce un elettorato di casi umani stupidi e cattivi e una rappresentanza prontissima ad assecondarne le istanze, anche e soprattutto contro ogni logica e contro ogni buon senso.

Io sparo e me la cavo – 1

Il 27 settembre 2018 in provincia di Lecce qualcuno ha sparato e se l’è cavata.
Il minuscolo Roberto Pappadà (probabile correzione di un dignitosissimo Papadopoulos cui suo nonno fu obbligato all’anagrafe quando c’era LUI con i suoi treni che partivano in orario) doveva avere una vita tetra e ripetitiva, tra sorella da accudire e lavoro che c’era e non c’era.
In un momento di noia, nella ancora assolata ancorché tranquilla località salentina di Cursi ha risolto l’intricato, annoso e angosciante problema di parcheggio che aveva col vicino spedendo fra i più lui e altri due parenti a mezzo pistola di grosso calibro.
Fatti due conti, è verosimile supporre che si sia fermato a tre morti e un ferito solo perché aveva esaurito i proiettili che c’erano nel tamburo.
Non è dato sapere se possedesse un cane: in questo caso il cartello “attenti al cane e al padrone” con sotto il disegnino di una .357 magnum, quello che i pensionati ringhiosi appendono al cancello di casa per far desistere dall’intento chi volesse far loro visita per liberarli da quella cazzo di argenteria inutile e pacchiana ereditata da odiatissimi parenti morti schiantati da decenni, avrebbe senza dubbio avuto ragione di essere.

Da Matteo Salvini, l’onnipresente e onniciarlante ministro dell’interno sovrappeso, divorziato, incapace di laurearsi persino in sedici anni e dal curriculum lavorativo irreperibile, non è venuto neanche un bah.
Forse sta aspettando che le registrazioni delle telecamere di zona spuntate come amanite falloidi da una decina d’anni a questa parte restituiscano l’immagine di qualche ambulante senegalese cui tentare di addossare un qualche ruolo.
Ma anni fa -pardon, mesi fa- avrebbe inondato internet e gazzette cianciando di terroni lerci e fancazzisti che si inculano le figlie e mangiano il sapone, auspicando un lavacro di fuoco da parte del Vesuvio.

Castriamo gli stupratori!

Le persone serie sanno che gli stupri sono invariabilmente opera di parenti (stretti), partner o conoscenze di lunga data.
Quando càpita l’eccezione, come a Firenze il 24 settembre 2018, la propaganda coglie la palla al balzo e invoca la castrazione per i colpevoli facendo finta di dimenticare quanto sopra.
Passa qualche ora e poi le gazzette passano ad altro.
Così si resta a chiedersi cosa succederebbe se una norma del genere venisse applicata ai casi ordinari: carabinieri che si prendono troppe confidenze con le studentesse americane, integerrimi imprenditori che pagano le tasse e via dicendo.

Non hai un lavoro? Ti cacciamo dal nostro paese!

23 settembre 2018 – Se non lavorate, tornate a casa. La sintesi è forte, però efficace. I disoccupati non piacciono, e pazienza se arrivano da Stati dell’Unione europea. Dagli uffici stranieri dei Comuni l’invito a smammare – persino con viaggio pagato – sta diventando prassi. Un’intimidazione di fatto che vede i disoccupati, con o senza welfare, bersagliati senza esitazione. “Se fosse vero, l’atteggiamento sarebbe molto grave e andrebbe a colpire l’essenza stessa della Ue”. Le parole del sottosegretario agli Esteri tradiscono tutta la preoccupazione per lo scoppio di un possibile nuovo caso, stavolta giocato tra i commi e le righe dell’art. 45 del Trattato sul funzionamento Ue. Un’interrogazione parlamentare chiede al ministro di “accertare”, via “missione diplomatica”, se quanto sta emergendo “corrisponda al vero”. Cautela di puro stile. Perché le denunce crescono di settimana in settimana. Così, mentre agli elettorati viene servito a mo’ di banchetto l’irrisolto contenzioso sui flussi migratori extracomunitari, a debita distanza dai grandi cerimonieri le autorità tedesche scatenano la caccia agli ospiti indesiderati. Perché percettori di sussidio. O perché sospettati di scroccarlo senza particolare impegno per una nuova occupazione. Sospetto talvolta lecito quanto marginale, ma che non dovrebbe comunque impedire la libera circolazione.
Tutto nasce dalla legge che nel 2017 ha ridefinito la regolamentazione del diritto alla libera circolazione sul territorio. Ora i cittadini da meno di cinque anni che non lavorano, percepiscono sussidi sociali e non sono alla ricerca di un lavoro possono essere espulsi. Una trasmissione radio ha investigato e quantificato il fenomeno: almeno un centinaio i già colpiti, specie nel Nord. Job center e Comuni si dividono il lavoro. Racconta Anna (nome di fantasia) alla Radio: “Sono arrivata nel 2013 con la prima bambina. Ho sempre lavorato. Poi la seconda gravidanza. Nel 2018 mi sono separata. Ho chiesto un aiuto al Job Agent e sembrava che fosse tutto a posto”. Invece arriva la chiamata dall’ufficio stranieri: “Visto che non può provvedere a se stessa, lei ha 15 giorni di tempo per trovare un lavoro, altrimenti riceverà una lettera di rimpatrio” eventualmente “con biglietto pagato” anche per le bambine. Comunicazioni verbali oppure al condizionale. Sulle lettere sta scritto “lei dovrebbe lasciare il paese: un consiglio inammissibile”, denunciano dall’Inca Cgil. Proposte simili sono state ricevute anche da lavoratrici incinte con gravidanza a rischio. Un tritacarne anche molto burocratico. Lamentano da un Consiglio per l’integrazione: non c’è nessuna volontà “di valutare caso per caso”. Per chi finisce sotto inchiesta, e non ha almeno un minijob da sventolare, purtroppo “non c’è scampo”.

 

Questo scritto è stato ottenuto copiando e incollando questo testo, pubblicato davvero su Quotidiano.net, e togliendogli i più evidenti riferimenti alla realtà di cui trattava.
L’immagine a corredo non c’entra niente ed è stata scelta apposta fra quelle che più contrariano i buoni a nulla dei social network.
Il contesto è quello della Repubblica Federale Tedesca, i disoccupati da cacciare sono italiani e l’articolista è andato a sceglierseli tra i più vulnerabili, prime fra tutte le donne separate.
Quando lo fanno con voi non è più tanto divertente, vero?